I MAESTRI CAMPIONESI
Denominazione con cui si designano le maestranze di scultori, lapicidi e architetti originari della zona di Campione attivi in varie regioni italiane e in Svizzera tra la seconda metà del XII e la fine del XIV secolo.
Isidoro Bianchi (Campione d’Italia 1581-1662)
Pittore noto soprattutto per la sua attività di frescante, esercitata in tutta la Lombardia e in varie prestigiose residenze sabaude del Piemonte. Fu fortemente influenzato dalla collaborazione con il Morazzone ma risentì anche della pittura del Zuccai. Fu noto anche come stuccatore, allestitore di apparati celebrativi e architetto-ingegnere. Nel 1605 è documentato a Praga, l’anno seguente a Viggiù poi non si sa più nulla di lui fino al 1617 quando è al lavoro a Torino. Sua maggior opera rimane il Santuario di Santa dei Ghirli a Campione. Conosciuto principalmente come pittore di grandi affreschi: a soggetto religioso in Lombardia (Como, San Fedele; Milano,Sant’Ambrogio; Monza, Duomo; Campione, Santa Maria dei Ghirli), a soggetto storico presso i cantieri sabaudi, dove subentra al Morazzone e lavora con i figli Francesco e Pompeo. Attivo nella stagione di Vittorio Amedeo I e della reggenza di Cristina di Francia, è nominato pittore di corte e cavaliere dell’ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro (1634).
Anselmo da Campione (1160 – inizio XIII secolo)
Si formò probabilmente ad Arles e lavorò poi nella fabbrica del duomo di Modena, primo importante centro di attività dei Maestri Campionesi. Gli sono attribuiti il transetto (1160 circa) e il cosiddetto pontile (1170) della chiesa nonché i rilievi che adornano l’arco d’ingresso alla cripta.
Arrigo I da Campione (1220 circa – 1270)
Abiatico di Anselmo, operò quale architetto e scultore nel cantiere del duomo di Modena.
Bonino da Campione (attivo tra il 1350 e il 1397)
Agli esordi lavorò probabilmente al seguito di Giovanni da Campione. Realizzò il monumento funebre di Folchino de’ Schizzi (1357) e la tomba di S. Omobono nel duomo di Cremona (oggi perduta), la statua equestre di Bernabò Visconti, terminata nel 1363 (ora a Milano, al Museo d’arte antica del Castello sforzesco), e l’arca di Cansignorio della Scala ( 1375) a Verona. Sulla base di raffronti stilistici gli vengono ascritte varie altre opere, fra cui la tomba del vescovo Balduino Lambertini ( 1349) nel duomo vecchio di Brescia e il mausoleo di Stefano e Valentina Visconti in S. Eustorgio a Milano (1359).
Giacomo da Campione
Attivo per la fabbrica del duomo di Milano dal 1387 al 1391, è autore del portale cuspidato della sacrestia aquilonare (1390); nel 1396 partecipò alla posa della pietra di fondazione della Certosa di Pavia.
Ugo da Campione (1308-1353)
A lui sono attribuite alcune delle Virtù del battistero di Bergamo e le figure che adornano gli stipiti del portale settentrionale dell’adiacente S. Maria Maggiore (1351), eseguite in collaborazione con il figlio Giovanni. Ugo è inoltre autore del sepolcro del cardinale Guglielmo de Longis in S. Maria Maggiore a Bergamo (1313) e della tomba di Guiscardo Lanzi, oggi perduta. Suo figlio Giovanni, attivo dal 1348 al 1360, operò prevalentemente a Bergamo: nel battistero realizzò alcuni rilievi raffiguranti le storie della Passione, caratterizzati da un modellato vigoroso; in S. Maria Maggiore eseguì dapprima la statua equestre di S. Alessandro per il protiro settentrionale (1354), successivamente il protiro meridionale (1360). Nel 1348 operò nella Parrocchiale di Bellano.
Marco Frisone da Campione
Scultore, architetto e ingegnere attivo nel 1387-90. Lavorò per il duomo di Milano, così come Lorenzo degli Spazi (menz. 1391-1402), il quale inoltre fu a capo del cantiere della cattedrale di Como dal 1396 al 1402. In ordine di tempo e di autorità Marco è il primo architetto del duomo di Milano che si conosca. Compare come maestro ed ingegnere nel 1387 e sembra che appunto allora cominciasse a prevalere su Simone da Orsenigo e divenisse da quel momento l’esecutore principale del disegno. Si è discusso lungamente sulla persona che ha dato il disegno del Duomo; chi sostiene che sia stato Simone da Orsenigo, ma l’opinione più probabile e adottata dalla maggior parte degli storici attribuisce tale onore a Marco da Campione. È strano che non si conosca alcuna delle sue opere, oltre il Duomo, ma non è accertato che il disegno del grandioso ponte sul Ticino a Pavia debba a lui attribuirsi, e neppure è accertato ch’egli verso la metà del secolo XIV fosse architetto del Duomo di Crema. Morì il 10 luglio 1390 verso l’Ave Maria del mattino ed il suo corpo fu onorificamente sepolto nella chiesa di S.Tecla, nella quale era proibito di seppellire i cadaveri se non fossero di persone sommamente distinte (da I MAESTRI CAMPIONESI del Prof. Salvatore Boffa – Milano 1898).
Matteo da Campione 1335 – 1396
È uno dei più grandi artisti, forse il più grande fra i Maestri Campionesi. Egli non era ingegnere stabile nel duomo di Milano, ci veniva però chiamato straordinariamente, come avvenne, fra le altre volte, per assistere alla seduta del 6 gennaio 1390, il giorno della morte di Frisone. Il Capitolo della Fabbrica del Duomo scrisse a Matteo, ingegnere in Monza, invitandolo ad accettare di succedere al suo compatriota defunto: a questo onore preferì quello di attendere ad un’opera più modesta, ma non meno bella e tutta sua, nel duomo di Monza.
Era stato chiamato a Monza fin dalla metà del secolo XIV, e quivi aveva ideato la facciata di quel vetusto Tempio di S. Giovanni, la quale senza tema di smentita si può dire uno dei gioielli meravigliosi dell’architettura italiana nel secolo XIV. Impiegò ben 25 anni nel duomo di Monza, i cui lavori furono incominciati per ordine e a spese di Matteo Magno Visconti. Compose e scolpì il marmoreo Battistero, già acclamato per finitezza e leggiadria, ma che il tempo e i tumulti avvenuti in quel Sacro Tempio, a causa dei dissensi religiosi, sciuparono in modo da non lasciarne neppur le vestigia.
Il pulpito, lavoro di molto pregio, che può benissimo competere con altri simili lavori che si eseguivano allora in Toscana, dura ancora, ma trasformato in tribuna per i cantori; merito però di Matteo si ingrandisce e supera quello di ogni altro architetto del suo tempo, quando l’occhio si riposi e la mente rifletta sulla stupenda facciata del S. Giovanni. È un lavoro veramente grandioso, nel quale in graziosa e simpatica consonanza si contempera lo stile gotico, l’arabo e il bizantino, senza confusione, senza stonature, ma con semplicità e naturalezza. Matteo certamente contribuì alla riedificazione dell’intero duomo di Monza, altrimenti sarebbe inesplicabile il titolo di grande edificatore a lui attribuito dai contemporanei. Il Calvi vuole che Matteo sia l’autore del monumento a Bernabò Visconti, eretto nella chiesa di S.Giovanni Conca, che ora trovasi nel Museo Archeologico di Brera, e che da altri con maggior probabilità è attribuito a Bonino. Matteo morì a Monza il 24 maggio 1396 e volle essere sepolto nella chiesa, alla cui bellezza artistica aveva consacrata la scintilla del suo genio. Nel luogo dove sorgeva il suo avello, che ora è scomparso, si legge ancora il seguente epitaffio “Qui giace quel grande edificatore divoto maestro Matteo da Campione, che di questa sacrosanta Chiesa edificò la Facciata, il Pulpito e il Battistero “. La tradizione indicò ed il popolo riguardò sempre come ritratto di Matteo la figura rigida e pensosa, scolpita in marmo, che sta sulla punta dell’arco del finestrone biforo che si trova a sinistra della Facciata. Nessun documento ha smentito tale tradizione, la quale sarebbe anzi convalidata dall’usanza che allora vigeva fra gli artisti di ritirarsi appunto in qualche figura o statue delle loro opere.