ORATORIO DI SAN PIETRO
Questa piccola chiesa, posta all’ingresso del centro storico dove anticamente si trovava una delle porte della cittadina, è uno dei monumenti più antichi che si sono conservati nell’exclave.
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In realtà è un frammento della vecchia chiesa in origine dedicata ai martiri ambrosiani Nazaro e Vittore che si affaccia ora sulla strada di uscita da Campione.
La storia
L’esistenza della chiesa è attestata dal testamento che Totone, un ricco mercante longobardo, ha redatto nel 777 in favore dei monaci di S. Ambrogio di Milano. La chiesa dei SS. Nazaro e Vittore, di cui ora si vede solo l’abside semicircolare sotto il pavimento all’ingresso, fu costruita nell’VIII secolo sopra una piccola necropoli longobarda. È indicata con questo nome ancora in un placito dell’875, successivamente la ritroviamo in un documento del 1148, ma con il nome di S. Pietro. In varie epoche storiche la minuscola, ma importante chiesa, ha subito profonde trasformazioni ancora in fase di studio per discrepanze sulle date di intervento. In epoca medioevale la chiesetta viene ampliata con la costruzione di un edificio romanico che sostituisce l’antica abside; il punto di congiunzione funge da arco di passaggio fra la precedente chiesa trasformata in lungo nartece e l’attuale aula a pianta rettangolare. Nel 1326 (epoca in cui sono stati eseguiti questi lavori) Jacobus de Sancto Petro, un illustre personaggio campionese, fa aprire una porta anche sul lato meridionale. Nel Settecento S. Pietro subisce altre trasformazioni con rifacimento di pavimenti e soffitti mentre nell’Ottocento, necessitando spazio per la costruzione della strada per S. Vitale, viene eliminata parte del nartece. Quest’ultimo è poi completamente demolito verso la metà del XX secolo quando viene tamponato l’arco e decorata la facciata con graffiti. I restauri eseguiti fra il 1994 e il 1998 hanno cercato di ritrovare e di mettere in evidenza le varie fasi della storia di questo spezzone di costruzione.
L’esterno
La facciata principale rivela oggi la semplicità romanica di quello che doveva essere l’arco di passaggio fra il nartece e la nuova chiesa di S. Pietro; alcuni lacerti di affresco ci rivelano che l’intradosso di tale arco era decorato. L’arco stesso è stato riempito e una porta a vetri di misure normali permette oggi di vedere l’interno della chiesa. Sul fianco meridionale, dove si trova la porta dei laici, una lapide ci ricorda che Jacobus de Sancti Petri, Console di Campione, fece eseguire i lavori nel 1326. Il giglio, di cui non esiste attualmente nessuna documentazione, è la probabile insegna della famiglia di Jacobus, quasi certamente titolare della cappella gentilizia di S. Pietro. La costruzione è tipicamente lombarda, eseguita in pietra grigia con facciata a capanna. Sul lato meridionale è ancora possibile distinguere il volto di S. Cristoforo, protettore dei naviganti, un affresco che occupava in altezza tutta la parete; tale immagine era ben visibile e rassicurante per coloro che arrivavano da sud e dovevano intraprendere un viaggio via lago.
L’interno
L’ambiente è un minuscolo edificio a navata unica con abside rettangolare e volta a crociera divisa in quattro vele. Gli affreschi che ricoprono interamente le pareti e la volta e che sono ancora discretamente leggibili sono stati recuperati sotto l’intonaco durante i lavori dell’ultimo restauro. Presente una statua secentesca della Vergine. L’altare e gli arredi di marmo bianco sono stati realizzati alla fine del XX secolo su disegno dell’architetto Banaudi che ha curato il restauro della chiesa.
Gli affreschi
La decorazione pittorica che ricopre tutte le superfici è ancora in stato di discreta conservazione e può essere attribuita a un artista lombardo dell’inizio del Trecento rimasto però anonimo. Con molta probabilità gli affreschi sono stati eseguiti, in alcuni punti, con la collaborazione di allievi meno esperti, ma nel complesso l’opera riveste un notevole valore pittorico grazie alla bellezza di alcuni personaggi, alla raffinatezza cromatica e all’accurato studio di alcuni atteggiamenti.
Nella chiave di volta è rappresentato l’agnello, simbolo del Cristo immolato, nella vela principale si trova il Cristo in mandorla mentre nelle altre sono raffigurati gli evangelisti con i loro simboli.
Il programma iconografico delle pareti è invece più complesso e si svolge su tre registri. Su quello superiore sono rappresentate storie della vita della Vergine. Iniziando da sinistra si nota la nascita di Maria, la bellissima Annunciazione, la Natività e l’Adorazione dei Magi (poco leggibile), la Presentazione al tempio (a sinistra della finestra centrale), il Funerale della Vergine (a destra della finestra centrale) e l’Incoronazione di Maria seduta su un bellissimo seggio con intarsi cosmateschi.
Nel registro medio è raffigurata una teoria di apostoli che tengono in mano i cartigli del Credo, figure dai volti più rozzi, ma circondate da riquadri più elaborati. Il ciclo del Cristo, affrescato senza tener conto dell’esatta successione cronologica, consiste in una Crocifissione, Deposizione e Arresto del Cristo dipinti sulla parete nord, di fronte all’ingresso laterale. Il ciclo continuava forse in controfacciata dove si possono ancora intravedere dei lacerti. La parete meridionale è invece occupata da scene singole fra cui si identificano facilmente l’ascensione di Elia sul carro, San Giorgio che uccide il drago e Santa Chiara, personaggio particolarmente amato in quell’epoca. Le im-magini di San Domenico e di Santa Caterina che appaiono sulle spalle della finestra centrale sono molto più tarde rispetto all’intera decorazione della chiesa, esse sono state dipinte probabilmente in occasione dell’allargamento della finestra stessa. La dimostrazione di tale successiva operazione è data dalle figure tagliate dell’affresco trecentesco (per esempio il San Pietro di cui resta solo una grande chiave).
Le sepolture
Con l’ultimo restauro l’ingresso dell’oratorio di S. Pietro è stato dotato di un pavimento in vetro che permette di osservare parte dell’antica abside semicircolare della vecchia chiesa altomedievale già esistente all’epoca in cui Totone redige il proprio testamento (VIII secolo). Tale abside è eseguita con molta cura utilizzando lastre di pietra moltrasina disposte a spina di pesce. La costruzione dell’abside è chiaramente realizzata sopra un’area cimiteriale di cui si può ancora vedere parte di una sepoltura. Oltre alla tomba visibile un’altra è stata individuata sotto l’attuale sagrato della chiesa, quindi sotto la primitiva costruzione altomedievale. Le tombe erano state rinvenute durante la prima costruzione, tagliate, ma ricomposte tanto che, nel corso degli ultimi restauri, sono stati ritrovati uno scheletro e numerose ossa. Dagli studi effettuati su questo materiale è risultato che lo scheletro, peraltro ben conservato, apparteneva a una donna sana deceduta in età avanzata, forse in seguito a un trauma osseo della tibia destra. La mancanza di arredi nella tomba non permette di individuare la classe sociale cui la persona apparteneva, ma l’epoca della costruzione della chiesa e le dimensioni delle ossa, troppo grandi per un fisico di carattere mediterraneo, fanno pensare ad una donna longobarda.