IL SANTUARIO DI SANTA MARIA DEI GHIRLI
Il Santuario di Santa Maria dei Ghirli, anche se non ha mai svolto il ruolo di parrocchia, è senz’altro la maggiore e la più monumentale chiesa di Campione d’Italia.
Visitabile nei seguenti orari:
dal 25 marzo al 4 novembre tutti i giorni dalle ore 9.00 alle ore 18.00
dal 5 novembre al 24 marzo solo sabato e domenica dalle ore 9.00 alle ore 16.30
In origine
Il nucleo principale risale sicuramente al VII secolo seppur con il nome di S. Maria in Willari, compresa nel testamento di Totone che nel 777 lega le sue proprietà al vescovo di Milano e quindi all’abate di S. Ambrogio. Sull’origine del nome esistono diverse interpretazioni: la più diffusa l’attribuisce al termine dialettale “ghirli” con il quale si indicavano le rondini, o meglio i rondoni, che d’estate sono particolarmente numerosi nella zona e che con i loro periodici viaggi ricordano le migrazioni dei campionesi che andavano a lavorare lontani dal loro paese. Secondo altri, il nome andrebbe ricondotto a un termine di origine sassone che indica il luogo dove andranno o partiranno, che sarebbe stato importato da monaci di passaggio ospiti dello xenodochio (ostello per i viaggiatori). La contemporanea presenza vicino alla chiesa del cimitero del paese (luogo della partenza eterna) può aver giocato anch’essa nella attribuzione del nome.
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La costruzione esterna
La costruzione, che in origine doveva essere una chiesetta distante dall’abitato, molto semplice e senza grande rilevanza artistica, fu trasformata in oratorio intorno al Trecento secondo gli schemi dell’architettura romanica, a navata unica e con campanile quadrato. Verso la metà del secolo fu tuttavia affrescata, sia all’interno che all’esterno, da pittori di buona scuola. L’edificio, come ci appare oggi, è però opera di Isidoro Bianchi, un artista campionese del Seicento che si era meritato ottima fama a Torino come architetto. Successivamente i dettami della Controriforma influirono grandemente sull’architettura in genere e su quella sacra in particolare. Erano i primi sintomi del Barocco che doveva apparire circa un secolo dopo. L’imponente facciata a tre archi, rivolta verso il lago, è collegata ad esso da una scalinata monumentale a rampe incorniciata da due file di cipressi di grande effetto scenografico, soprattutto per chi approda dal lago. L’arco principale di accesso è riccamente decorato e dominato dalla colomba dello Spirito Santo mentre i due archi laterali introducono a dei portici che accrescono la monumentalità della costruzione e proteggono gli affreschi esterni. Il tiburio è elegante e slanciato, a differenza del campanile che, pur con i rimaneggiamenti settecenteschi, mantiene la poco elegante impronta romanica.
L’interno del Santuario
L’interno della chiesa, a navata unica e volta a botte, è diviso in tre parti: l’aula riservata ai fedeli, il Santuario ed il Presbiterio.
La parte riservata ai fedeli è decorata con affreschi trecenteschi (restaurati fra il 2010 e il 2011), parzialmente ricoperti dai finti loggiati che il Bianchi vi aveva introdotto per dare l’impressione di una maggiore spazialità. In controfacciata, gli affreschi sono mutilati dalla successiva apertura di finestre, mentre la parte nord denuncia i vistosi danni alla decorazione pittorica prodotta dall’umidità. Gli affreschi del Santuario sono un’esaltazione della missione della Vergine, chiaro esito della Controriforma avverso l’eresia calvinista, che il Bianchi rappresenta in modo molto coinvolgente, aiutato dalla copiosa luce che piove dal tiburio e dalla presenza degli angeli musicanti che tracciano il percorso verso il Paradiso. Sia il soffitto che le pareti sono arricchiti da stucchi di finissima fattura, specialità dell’opera del Bianchi e della sua bottega.
L’arco trionfale, splendidamente decorato da una suggestiva Annunciazione e dall’immagine dei santi Isidoro e Maurizio, introduce al Presbiterio dove campeggia un altare secentesco che incornicia un trittico del secolo precedente con al centro la Madonna del Cardellino. La lunetta che lo completa contiene una bella crocifissione nel tondo, circondata da fedeli oranti. La Madonna quattrocentesca ha, ai lati, due nicchie che ospitano la Maddalena con il vaso dei profumi e S. Rocco pellegrino. Le sculture rivelano una mano tipicamente campionese e sono vivamente ravvivate dall’effetto cromatico della pitturazione. I dipinti dell’aula gotica, che all’epoca dei restauri secenteschi era stata interamente ricoperta da intonaci e da stucchi sono stati successivamente riportati alla luce ed hanno rivelato un apparato pittorico di maestro ignoto ma di riconoscibile maestria, probabilmente riminese ma con forti influenze lombarde. Essi rappresentano la storia di S. Giovanni Battista e si svolgono nei due registri superiori mentre la parte inferiore, purtroppo molto rovinata, rappresenta un calendario impostato sulle attività agricole.
Sulla parete settentrionale si trovani i ss. Quattro Coronati, patroni dei lapicidi e degli scultori, che fa pensare sia originato della stessa committenza della vita di S. Giovanni. L’aula sacra, separata da una balaustra sormontata da una cancellata, è decorata con gli affreschi secenteschi di Isidoro Bianchi che rappresentano lo sposalizio della Vergine con, sul fondo, la Visitazione; di fronte, la presentazione al Tempio con la fuga in Egitto che si intravede sullo sfondo; l’Annunciazione è al centro, sull’arcone, mentre sui due pilastri laterali sono rappresentate le figure dei santi Maurizio e Isidoro. Nei riquadri del tamburo è dipinta l’Assunzione con le quattro Sibille: Frigia, Egizia, Samia e Tiburtina. Nell’intradosso del coro sono rappresentati quattro Profeti, sulla volta gli Angeli e sopra l’Adorazione dei Magi, probabile opera di altro autore.
Il portico, ricco di affreschi di epoche diverse, è protetto con delle vetrate. La raffigurazione più importante è senz’altro il Giudizio Universale di epoca quattrocentesca eseguito dai fratelli Lanfranco e Filippolo de Veris.
Nel registro superiore è dipinta la figura di un Cristo tribolato, su un trono circondato da angeli che portano i simboli della Passione; ai lati vi sono gruppi di supplicanti, tra cui religiosi, papi e re in atteggiamenti scomposti a loro volta incalzati da altri angeli. È senz’altro una allegoria che propone la lotta tra il bene ed il male, nonché la diffusa corruzione in ambito ecclesiastico; così come la moraleggiante scenetta accanto alla porta che rappresenta tre personaggi agghindati con i fastosi costumi dell’epoca, due dei quali (il cavaliere e la dama) vengono puniti dalla furia divina per il loro cattivo comportamento. Sul registro inferiore è visibile una scena di vago sapore dantesco, con demoni e dannati sottoposti a varie torture. Sui pilastri e sopra la porta si possono ammirare altri affreschi minori della stessa epoca: 5. Goar, monaco venerato dai barcaioli del Ceresio, una Madonna con Bambino, l’Annunciazione e sul fondo S. Ambrogio.
Sulla destra della porta di accesso alla chiesa si trova un grande affresco proveniente dal portico settentrionale e dal quale fu strappato nel 1893. Si tratta della cacciata di Adamo dal Paradiso Terrestre eseguita nel 1514 da un pittore ignoto; certamente di scuola lariana che alcuni identificano in Bernardino Luini senza però alcuna prova documentale. Sulle pareti esterne sono ancora visibili alcuni affreschi votivi del XV secolo di esecuzione artigianale, quali la Madonna del Garofano sulla facciata e i santi Rocco e Sebastiano, accanto all’ingresso alla torre campanaria nel portico settentrionale. Come già detto, la chiesa di Santa Maria dei Ghirli non è mai stata destinata alla cura d’anime bensì ad essere monumento di se stessa e testimonianza della religiosità della gente di Campione, attraverso le raffigurazioni pittoriche ed architettoniche che la contraddistinguono. Le cospicue opere pittoriche e gli stucchi eseguiti da Isidoro Bianchi per esaltarne la ricchezza e l’imponenza, dimostrano inoltre l’amore per la propria terra di un artista che aveva riscosso onori e riconoscimenti a Torino, Milano, Como, Praga ed altre importanti città, ma non aveva dimenticato il suo piccolo paese sulle rive del Ceresio.